Insegnare la Ceramica è stato un altro Step della mia crescita come ceramista. Il corso serale e i workshop sono stati due importanti esperienze professionali del 2019.

Prima o poi, tutti nella vita siamo stati allievi, studenti, apprendisti…dopo un primo corso base sulla Tecnica del Colombino, per anni mi sono esercitata in questa tecnica,  prima di avere quella dimestichezza, quella familiarità che mi fa sembrare, oggi, così naturale e istintivo creare un oggetto con l’argilla.

Adesso che mi trovo ad insegnare la Tecnica del Colombino ad altre persone è come se facessi un percorso a ritroso, una sorta di ripasso di quelle che sono state le tappe principali del mio apprendimento. Quali sono state le prime forme che ho cercato di ricreare, quali sono stati gli accorgimenti tecnici che mi sono stati suggeriti per migliorare la mia manualità, quali sono stati i piccoli segreti del mestiere che solo le persone con una lunga esperienza ti sanno rivelare.  Trasmettere tutto questo e altro ancora non è immediato, trovare il modo di trasferire ad altre mani quelle abilità che hai acquisito con tanto esercizio è un lavoro tutt’altro che semplice. La cosa più difficile è trovare il modo di trasmettere la manualità del sapere fare, infatti, un conto è spiegare teoricamente tutti i passaggi che servono per creare un oggetto – come manipolare l’argilla, da dove iniziare per costruire l’oggetto, quali strumenti servono e quando utilizzarli, ecc – ,  e un conto è la pratica. Devi prestare attenzione a ogni minimo gesto dell’allievo per capire se la sua mano fa i giusti movimenti, se il modo con cui posiziona i colombini e li lavora sia quello adatto per realizzare la forma pensata, se il suo procedere sta andando nella direzione desiderata…

E poi c’è quell’equilibrio delicato tra quanto e quando intervenire in un lavoro dell’allievo e quanto lasciarlo libero di sperimentare e, perché no, sbagliare. Sono sempre molto attenta a non limitare mai le potenzialità espressive e creative dei partecipanti ai corsi, e cerco di guidare con premura e attenzione affinché l’allievo possa arrivare a padroneggiare la materia e la tecnica e diventare indipendente nella creazione dell’oggetto di ceramica.

Adoro insegnare la ceramica. Quando sono in laboratorio per fare un workshop o un corso duraturo do tutta me stessa, cerco di seguire ogni persona in maniere attenta e puntuale aiutandola a raggiungere l’obbiettivo: realizzare l’oggetto che ha in mente. So perfettamente che non riuscire a ottenere esattamente l’oggetto immaginato può essere frustrante e può incidere sull’esperienza in se, ma anche sbagliare fa parte dell’imparare. Un errore, sia esso una forma poco aggraziata, una crepa o una rottura, ci dicono molto su come abbiamo lavorato e sulle caratteristiche dell’argilla che non abbiamo rispettato e che vanno assolutamente prese in considerazione durante il processo creativo.

Una qualità del ceramista che non può essere insegnata ma che è molto importante è la pazienza. Quella va allenata a prescindere dalla propria passione per la ceramica. In qualche modo, lavorare l’argilla è un ottimo esercizio in questo senso. Allo stesso modo però, è un requisito fondante per riuscire bene in questa lavorazione artigianale, che ha i suoi tempi lunghi e calmi.  Per questo anche importante il laboratorio non solo come spazio fisico dove lavorare ma anche come luogo dove una persona può “staccare la spina” dalla quotidianità.  Come ho scritto in un altro post (Pensieri di un’artigiana) varcare la porta del laboratorio è come entrare in un’altra dimensione. La mia mente si sgombera da tutti gli stimoli esterni e si concentra sul fare delle mie mani. Davanti a me ci sono solo il mio torniello, le chiavi da lavoro e tanti colombini…le ore passano e l’oggetto prende forma quasi per magia.